mercoledì 5 marzo 2008

Matematica applicata alla cupola di Santa Maria Del Fiore

La cupola del Brunelleschi, espressione di genialità e potenza rinascimentali, si erge sulla celeberrima Basilica fiorentina di Santa Maria del Fiore, che annoverava Arnolfo di Cambio come capomastro, a cui successe Francesco Talenti che stabilì le dimensioni attuali. Già nella pianta della Cattedrale è possibile rintracciare strutture matematiche, in quanto essa è sezionata in quadrati e doppi quadrati che costituiscono un inconfondibile rapporto musicale (2:1). La prima pietra per la costruzione del Duomo fu posta nel 1296, e la base del tamburo della cupola era già pronta nel 1314, tuttavia la copertura fu cominciata soltanto nel 1420, commissionata in seguito ad un concorso del 1418 che vide vincitori Brunelleschi e Ghiberti, quest’ultimo estromesso dai lavori nel 1425 a causa degli screzi del suo rivale-collaboratore.

“Solo Filippo disse che si poteva voltarla senza tanti legni e senza pilastri o terra, con assai minor spesa di tanti archi, e facilissimamente senza armadura” (Vasari). Per costruire la cupola erano necessarie le centine (impalcature lignee cui affidare il sostegno delle murature in costruzione fino alla presa delle malte), Brunelleschi al contrario non ne fece uso e non lasciò documenti scritti che rivelassero come abbia fatto. E’ noto che egli utilizzò impalcature mobili e congegni inventati da lui stesso; infatti Brunelleschi aveva precedentemente lavorato come orafo dunque, avendo accumulato esperienza nel costruire piccoli meccanismi, applicò le sue conoscenze a grandi macchinari (alcuni dei quali in precedenza attribuiti erroneamente a Leonardo da Vinci, poiché disegnate da lui quando il suo maestro, il Verrocchio, mostrava agli allievi le macchine di Filippo, tra cui quella utilizzata per porre la palla sulla lanterna). Inoltre una sperimentazione di un noto architetto contemporaneo, Massimo Ricci, ha messo in luce la possibilità dell’utilizzazione di piccole centine a sviluppo parziale.

La preoccupazione dei capomastri che si succedettero nei cantieri del Duomo era motivata dal fatto che il progetto che ogni capomastro si doveva impegnare (con giuramento solenne) a rispettare prevedeva una cupola ottagonale a facce piane, che non è un solido di rotazione. La cupola del Duomo di Firenze infatti è una volta ottagonale, descrivibile come l'intersezione a 45° di due volte a pianta quadrata (molto simili, in effetti, alle volte della navata della stessa Cattedrale). A differenza di una cupola di rotazione, una volta non è autoreggente.
La cupola comincia a 55 metri dal suolo, e fu realizzata con queste misure:
altezza media: 34 metri
altezza tamburo: 13 metri
altezza lanterna: 21 metri
altezza da terra: 88 metri
Queste cifre sono molto significative matematicamente in quanto corrispondono alla serie di Fibonacci (utilizzata anche nelle costruzioni gotiche), il rapporto fra due di questi numeri tende al numero d’oro (il Partenone per esempio è inscritto in un rettangolo aureo).
Desta grande impressione anche il peso:
Peso della cupola: 29000 tonnellate
Peso della lanterna: 800 tonnellate
Peso dell’intera struttura: 100000 tonnellate
Data l’ingente mole, Brunelleschi aveva pensato una cerchiatura per contrastare le spinte alla base della cupola, ma questo progetto non fu mai messo in atto. In compenso, su uno spicchio, i fiorentini realizzarono un terrazzino, la loggia dei grilli, che si appoggia alla cupola aumentando l’intensità della spinta, e creando gravi lesioni.
Brunelleschi progettò la cupola mediante una doppia calotta: la cupola esterna, che ha solo funzione protettiva, e quella interna, che regge l’intera struttura ed ha uno spessore di circa 2.4 metri. Al fine di evitare danni dovuti a significative escursioni termiche, è presente un sistema di fori verso l’esterno che producono una corrente d’aria che mantiene la temperatura pressappoco costante.
Il profilo della cupola interna è chiamato sesto di quinto acuto (ottenuto dividendo la base in 5 parti sulle quali si creano i profili), quello dell’esterna invece è a sesto di quarto acuto. La forma della curva è una catenaria rovesciata, soggetta soltanto a forze di compressione. La straordinarietà di questo utilizzo sta nel fatto che la catenaria è una linea piana di equazione cartesiana y = (ex + e–x)/2, funzione che prende il nome di coseno iperbolico, e rappresenta la linea determinata da una catena o da una fune vincolata agli estremi e sottoposta solo al proprio peso, ma fu definita da Huygens, insieme a Leibniz e Jean Bernoulli, in risposta ad una sfida posta da Jacques Bernoulli, nel 1690-91, più di 240 anni dopo la morte di Brunelleschi.

La cupola è una porzione di cilindro ellittico, sulla quale le tegole sono messe orizzontalmente lungo le generatrici del cilindro. I mattoni invece sono disposti in modi differenti: alcuni a corde blande, altri vanno verso il centro, altri ancora sono di scarico, ma i più significativi sono quelli messi a spina di pesce, col lato più lungo emergente rispetto a quelli appoggiati sulla superficie conica, che, assieme a quelli che vanno in direzione contraria, formano una doppia elica ellittica (come il dna), così da rendere la struttura più forte. Brunelleschi sapeva che non avrebbe dovuto fare una cupola ad anelli (come il battistero), poiché sarebbe crollata nel momento in cui gli angoli si fossero separati. I mattoni non andavano posti lungo le generatrici del cilindro, Brunelleschi li mise “a corda blanda”, la cui morfologia corrisponde alla linea di una corda non tesa, infatti i letti di giacitura sono tutti disposti sulla superficie di un cono rovescio. Quando fu scoperto ciò si poté quindi osservare come le facce dei mattoni non siano parallele, ma sistemate lungo rette originate da un punto situato al centro dell'ottagono di base della cupola. La conclusione è sconcertante: i mattoni sono sistemati come se fossero stati disposti per costruire una cupola di rotazione. Filippo aveva beffato i suoi ammiratori (come nella Novella del Grasso legnaiuolo), costruendo una cupola normale e mascherandola come una cupola impossibile.

Brunelleschi non ha lasciato alcunché di scritto sul modo con cui ha costruito la Cupola. Esistono solamente due sue relazioni, rispettivamente del 1420 e del 1426, nelle quali si illustra come sarebbe stata. Non si fa cenno, però, in esse su come la si sarebbe dovuta costruire. Questo vuoto storico-scientifico ha scatenato la curiosità e l’interesse di numerosi esperti ed appassionati, facendo nascere la storia del “segreto”.
Ci fu sempre un acceso dibattito su quale fosse il magico artificio usato per ergere un’opera tanto maestosa quanto misteriosa. In questo si distinsero due teorie:
1 La cupola è fatta con l’intersezione coni/cilindro
2 I mattoni sono ortogonali ai meridiani
Il matematico Giuseppe Conti, professore dell’Università di Firenze ed autore di “Cupola di Santa Maria del Fiore” assieme a R. Corazzi e S. Marini, studiando misure e forme della cupola ed analizzando le due tesi contrastanti, ha notato che, mutate in calcoli le parole addette dai sostenitori dell’una e dell’altra tesi, si giunge sempre allo stesso risultato. Dunque queste teorie, tanto ardentemente dibattute, coincidono.
“Per comprendere i termini della questione – afferma Conti - occorre anzitutto capire quale era il principale problema, che si presentò al Brunelleschi e in che modo geniale lo risolse. Per fare questo occorre matematizzare il problema ed esporre in termini conseguenti (dunque matematici, o più precisamente geometrici) la soluzione trovata”.
La sintesi si basa sul Triedro ortogonale
Poi, affinché le due vele si colleghino, via via che si sale l’angolo aumenta, perché i mattoni sono disposti lungo le corde blande, fino a raggiungere i 135° (angolo interno di un ottaedro regolare) alla base della lanterna.

Curiosità: Paolo Toscanelli, l’autore delle carte geografiche su cui si basò Cristoforo Colombo, mise sulla cupola una bronzina (o gnomone, strumento geo-topografico per studiare le stelle), in cui ogni 21 giugno passa un raggio di sole.
Bibliografia:
- Conferenze tenute dal Prof. Giuseppe Conti, nell’Aula Magna dell’ITGC “Salvemini-Duca d’Aosta” ( via Giusti 27 ), nei giorni 15/3/2006 e 29/3/2006.
- Wikipedia: enciclopedia online, multilingue, a contenuto libero, redatta in modo collaborativo.
- Sito web: Istituto e museo di storia della scienza.
- Sito web: http://www.ur-tsa.it/ ( per delucidazioni su Arch. Prof. Massimo Ricci ).
- Manuale “L’arte italiana” di Piero Adorno, Casa editrice G. D’Anna.

1 commento:

massimo ricci ha detto...

Il prof.Conti può (con molta modestia!!!) dire quello che vuole ma non si può permettere di giudicare chi ne sa molto più di lui !
La Cupola non è un prodotto della matematica ma della Tecnologia e quindi tutto quello che si dice deve essere verificato alla luce della effettiva possibilità che un muratore possa tradurre il tutto nel semplice fatto di posare un mattone con la necessaria sicurezza e perfezione !
Un altro fatto è che non si possono ignorare le prove trovate sulla Cupola Vera che confermano l'ipotesi da me sostenuta in modo completo e definitivo...
Il terzo fatto è il Modello dell'Anconella che tutti sembrano ignorare ...
Sono ovviamente pronto a qualsiasi confronto ,si organizzi un certame scientifico al quale parteciperò con molto entusiasmo .
La verità deve sempre trionfare !
prof.arch. Massimo Ricci